CREDITO

Introduzione alla sezione. Per articoli, opinioni e analisi vedi sotto.

L’Italia è sempre stato tradizionalmente un Paese fortemente bancocentrico.
Due dati evidenziano questa caratteristica: ancora nel 2011 il credito bancario alle aziende non finanziare copriva da noi oltre il 90% del loro fabbisogno, contro un 80% circa di Germania e Francia e un 30% degli Stati Uniti (dove il credito non bancario ha sempre avuto grande spazio).
È quindi comprensibile che proprio il nostro Paese abbia sofferto più di altri il forte credit crunch verificatosi per effetto della lunga crisi economica iniziata nel 2007-2008 (la disponibilità di credito per le imprese si è ridotta dell’11% tra il 2008 e il 2017).
Meno comprensibile, almeno sul piano logico (diverso da quello delle dinamiche sociali ed economiche), è il ritardo con il quale il nostro Paese ha affrontato questo problema rispetto ad altri dell’area OCSE.
La drammatica riduzione del credito disponibile è un fenomeno profondo e complesso, con varie determinanti, in parte congiunturali e in parte strutturali, che non si può quindi pensare di risolvere con il ritorno ad un passato divenuto non replicabile. E’, dunque, solo dalla comprensione di tali dinamiche che si può immaginare di fondare una nuova politica del credito capace di ridare slancio al supporto del sistema economico-produttivo.
Al riguardo, se pure non si può pensare ad un sistema economico senza credito bancario, appare al tempo stesso difficile ritenere che, superata la crisi, si possa tornare alla situazione precedente al 2007. Altri soggetti si stanno affermando e troppi sono gli interrogativi ai quali bisogna rispondere, sia in termini concettuali che operativi.
Quali sono state le cause del Credit Crunch? Come ha influito su questo fenomeno e sulla nascita di nuovi modelli di fare banca la disciplina di Basilea III, la crisi economica che ha colpito le aziende e, nell’UE, l’intreccio tra crisi dell’euro e sistema creditizio? Le risposte dei regulators al credit crunch sono suscettibili di creare effetti “perversi” ed ingenerare nuove crisi finanziarie? Quale potrà essere l’effetto, benefico e duraturo, del credito non bancario, con l’esplosione di fondi di credito alimentati da investitori istituzionali quali assicurazioni e fondi pensione? E quale il ruolo dei mercati obbligazionari? Quale definizione e disciplina del c.d. shadow banking adotteranno i vari paesi OCSE dopo la rimozione pressoché universale della riserva bancaria? E come inciderà la potente innovazione tecnologica in atto su tale scenario dinamico e ancora indefinito?
A tali interrogativi ed a tutti quelli ad essi connessi e collegati è dedicata questa sezione.